L’evento culinario si è svolto nel cuore della comunità palermitana, nelle strade della Vucciria, dove si trovano i locali di Franco Virga e Stefania Milano.
Ogni cena è stata programmata come un’avventura a più mani, con la fusione di chef internazionali e locali, accompagnati da una cantina ospite, dando vita a una vera e propria festa dal 15 al 18 gennaio. Dalle quattro cene e dai cinque chef è emerso un intreccio di divergenze territoriali e ricchezze culturali.
“Una visione lontana” è ciò che è emerso durante il pranzo con Franco. Chi non lo conosce si aspetta di incontrare un comune imprenditore della ristorazione, ma è il suo passato che sorprende e fa la differenza.
Racconta: “Da giovane giravo per i mercati in cerca di abbigliamenti speciali, pezzi unici che in qualche modo mi catturavano, che avrei poi dato ai disegnatori di alta moda”.
È un uomo con spirito da pioniere, che della moda ha fatto mestiere e ispirazione per la tavola.
È così che lancia sul mercato siciliano la sua ricerca in cucina. Chi, se non lui, poteva costruire un’idea forte di ristorazione non convenzionale a Palermo? Chi cerca il vino naturale sa che andrà a mangiare da “Virga&Milano”.
“Come mai la passione per il vino naturale?” ho chiesto a Franco, il quale, appena arrivato al GAGINI per l’intervista, mi ha accolto con un calice di vino bianco Santa Margherita firmato Arianna Occhipinti, perfetto per mezzogiorno. Con il calice alle labbra, il vino e il palato che parlano, mi chiede: “Che pensi?”. Era buono. Mi chiede di descriverlo, come voglio, con esempi e parole, e di dare un nome, nuovo e del tutto mio, a ciò che sento in bocca. Ci scambiamo riflessioni e pareri.
“Il vino naturale è un vino vivo”, mi dice. “Ha vita e continuità percettibili. Ha una narrazione che scorre. È più facile trovare invece sul mercato vino ‘normale’, che segue logiche più noiose”.
Negli ultimi anni, il mercato del vino italiano ha aperto spazio al naturale, e sempre più bevitori, da nord a sud, abbracciano i valori che il prodotto porta con sé: no alle terre maltrattate, sì ai piccoli produttori, no alla standardizzazione dei processi di creazione, sì alle cure naturali delle esigenze dell’uva e no al ritocco chimico precoce da parte dell’uomo.
No allo sfruttamento di ogni attore nei processi produttivi e sì alla valorizzazione della dignità del terreno e dei lavoratori. No agli agenti esterni non necessari, insomma, ma sì al processo naturale non inflazionato. È una politica di ascolto tra uomo e natura.
Un messaggio politico che inizia a prendere piede soprattutto tra i giovani, i più interessati a investire i propri soldi in bevute consapevoli. Una ricerca curiosa nel capire “cosa succede se...”, una caccia al vino migliore.
Così Palermo si afferma come un altro polo italiano per le bevande naturali, grazie agli imprenditori che le promuovono e ai preziosi produttori, senza i quali la Sicilia non potrebbe vantare una politica che non è solo biologica, ma, più profondamente, naturale.
Che dire? Aspettiamo il 2026 per la terza edizione di UNIAMO.