Conoscere la Sicilia è sempre un'ottima idea. Eccoci con un nuovo articolo per la rubrica: alla scoperta dei tesori Slow Food.
Bisogna viaggiare alla scoperta di luoghi meravigliosi costituiti da bellezze naturalistiche e di storia, al contempo bisogna assaporare tutto ciò che a livello gastronomico caratterizza il luogo.
Lo Slow Food ci porta ai piedi dell' Etna, sulla costa bagnata dal Mar Ionio, precisamente nel Golfo di Catania per conoscere la “Masculina da magghia” che, con le sue particolarità, unisce un territorio costiero ampio che va da Capo Mulini all’area catanese e giunge sino a Capo Santa Croce, nel comune di Augusta.
Analizzando i luoghi viene fuori che l’elemento più caratteristico di Aci Castello è senza dubbio il Castello Normanno che domina la piazza principale del paese, delimitata da una lunga balconata da cui è possibile ammirare il mare sottostante e la suggestiva Riviera dei Ciclopi. Mentre per quanto riguarda la Spiaggia di Capo Santa Croce, questa si trova proprio sotto il Faro e vanta un mare cristallino e trasparente tra rocce frastagliate e piccoli scogli.
In queste zone viene pescata la “masculina da magglia”.
Denominata dai pescatori anche “anciuvazzu” oppure “anciuvurineddu”, si tratta di piccole acciughe pescate per lo più ad aprile. La pratica della pesca è particolare, durante la notte (quasi all'alba) vengono calate le reti menaidi, che hanno maglie di un centimetro di lato e sono lunghe circa 300 metri.
Il meccanismo di cattura provoca un dissanguamento naturale che rende il pesce più gustoso e pregiato. A quel punto i pescatori rientrano a riva con il pesce pescato e si recano al mercato catanese di piazza Pardo (a Piscaria) per vendere la "masculina" fresca oppure la portano alle mogli che provvedono alla salamoia. La tecnica di salagione è la stessa di tutto il Mediterraneo, ma qui esiste una preparazione assolutamente unica, inventata dai pescatori catanesi per sfamarsi durante le molte ore trascorse in mare.
Si tratta di una conserva fatta con pezzetti di alici e con le teste che rimangono impigliate nelle maglie della menaide. Impossibili da vendere, questi scarti venivano utilizzati dalle mogli che mettevano ciò che rimaneva sott’olio di oliva, in vasetti di vetro o in piccoli orci di terracotta (i cugnitti) e all’occorrenza se ne prelevava una parte per cucinare sughi e salse.
Piccoli segreti che caratterizzano non soltanto il luogo ma bensì la cultura culinaria siciliana.